Il titolo di questa canzone, uno dei mille blues scritti da John Lee Hooker, è la frase che meglio di ogni altra descrive il colore della musica dei Blues Corner. Musica che odora di locali fumosi, di alcool, di sigarette. Stiamo parlando del Blues, la musica del diavolo, musica emotiva, calda e nera come il caffè, buona per ridere o per piangere, ottima per tirare tardi la notte.
Dice il dizionario: "Canto popolare nero-americano degli Stati Uniti ispirato a sentimenti individuali." I Blues Corner non sono nero-americani, (sono uno svedese, un langarolo, un romano e qualche torinese, tutti pallidi da far paura), per di più tacciono sui sentimenti individuali, ma maneggiano il Blues con un piacere assolutamente visibile ed ascoltabile. E, se è vera la regola che quando il musicista si diverte, si diverte anche il pubblico, allora il divertimento è assicurato. Giovanotti non più di primo pelo (età media intorno ai 40), dopo molti anni passati a suonarne di tutti i colori, i Blues Corner si sono ritrovati a suonare la musica con cui cominciarono.
E, come allora, fanno musica acustica, perché (loro testuali parole): "...si può suonare dappertutto, e continuare anche se manca la luce..."
Giusto per contaminare, hanno insaporito il loro repertorio con un pizzico di swing, una manciata di bluegrass, una punta di gospel, un'idea di country e qualche bella canzone, arrivando così ad offrire diverse decine di brani tra cui: